Incontro del 26 ottobre 2011
Relatore: Angelo Baronio, Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia
Titolo: QUANDO E COME E’ NATO IL COMUNE DI LENO?
La storia si può stendere fa le fonti e i documenti riescono a tramandare le informazioni. Reperendo e interpretando proprio quei testi, lo storico si mette a disposizione delle fonti per risalire e ricostruire gli avvenimenti del passato.
Ed è stato tramite pergamene e testimonianze scritte che si è riusciti a risalire alla storia del comune di Leno.
Il comune è l’istituzione che ha un proprio territorio e le persone, iscritte all’anagrafe, eleggono i propri rappresentanti per essere governati ed amministrati.
Non è però sempre stato così.
Il comune di Leno prima del 1200 non esisteva: è il 1201 quando Leno diviene comune, come testimonia una pergamena depositata all’archivio di stato di Milano.
Ma facciamo un passo indietro.
Leno, in epoca romana, era un villaggio, e dopo il 758 il paese viene governato dall’abate, figura potente e autorità importante che poteva avvalersi di un proprio esercito. Una curiosità: l’abate aveva gran potere, ma l’unica cosa che non poteva fare era ordinare nuovi sacerdoti.
Il territorio di Leno era già allora abbastanza esteso e su di esso erano state costruite molte chiese (S.Michele, S.Scolastica, S.Nazzaro e Celso, ecc..)
Uno storico francese definiva “città” quell’insediamento che era sede di un vescovo. Leno non poteva dunque essere definibile come città, in quanto il vescovo era di sede a Brescia, però grazie alla presenza dell’abate era definita una “quasi città”.
L’abate, che godeva anch’esso di una certa potenza, aveva spesso diatribe con il vescovo, il quale pretendeva d’avere poteri anche sul territorio di Leno e di essere legittimato a riscuotere i tributi (le decime). Nel caso di Leno, l’imperatore Barbarossa appoggiava l’abate, dunque le decime e i tributi erano di competenza dell’abate e dell’abbazia.
Nel frattempo era nato il comune di Brescia che cercava di allargare i propri confini.
Ma come e perché nasce?
Brescia era stata governata, per un breve periodo, da un conte, mentre intorno all’anno 1000 la città viene governata dal Vescovo che, però, agisce più da governatore che da guida spirituale. Questo comportamento, divenuto abituale per i vescovi, spinge il Papa Gregorio VII ad indire un concilio che, oltre a riformare in generale la chiesa, vieta ai vescovi di fare i governatori e di accettare qualsiasi investitura da qualsiasi autorità, pena la scomunica.
Nel 1080, dopo la riforma, Brescia si trova quindi senza governatore. I cittadini allora, radunatisi sul sagrato della Chiesa, stabilirono di autogovernarsi. Nasce così il Comune con un patto vincolante per tutti coloro che lo sottoscrivono. Da sottolineare il fatto che nel medioevo il patto è un giuramento ed è vincolante perché fatto davanti a Dio. Lo spergiuro, ovvero il non attenersi al patto fatto, è passibile di scomunica.
Il comune che nasce non è solamente civile ma sottolineato da questo vincolo “sacro”.
I “boni homines” erano i cittadini saggi ai quali la società civile poteva fare riferimento. Anche Leno si trova senza governatore poiché l’abate se ne era andato.
Ed essendo che a Leno esistevano molte corporazioni (calzolai, tessitori di lino, ecc) al cui interno erano riconosciuti dei “boni homines”, i cittadini decidono, similmente a Brescia, di eleggere i loro rappresentanti. Nasce quindi il comune di Leno con i propri consoli e massoni.
La giurisdizione però è sempre dell’abate e per avere dei diritti sui terreni in comune (le comunaglie) doveva scendere sempre a patti con lui.
Il podestà (che all’epoca dei comuni era il titolare della più alta carica civile nel governo delle città) di Brescia arriva a Leno e inserisce nell’organico della chiesa i capi famiglia ai quali indica come loro punto di riferimento il comune di Brescia piuttosto che l’abate di Leno.
Una pergamena datata 1219 testimonia il fatto che il comune di Leno si era economicamente sollevato grazie all’appoggio del Comune di Brescia.
Il consiglio di Brescia che guidava Leno nominò quattro consoli: due di loro erano favorevoli all’abate, mentre gli altri due lo osteggiavano.
Un’altra pergamena del 1224 testimonia la convocazione del consiglio e di tutti i capi famiglia (vengono riportati i nomi). Una curiosità: nel consiglio, oltre ai consoli, compare un’altra figura: il podestà Guidotto da Porzano – da cui l’origine della frazione Porzano.
C’erano allora 600 famiglie “abitatores in loco”, “civis lenensis”, che avevano cioè la cittadinanza lenese e votavano in assemblea alzandosi o sedendosi per esprimersi favorevoli o contrari.
Perché la convocazione? Le pergamene testimoniano che era stata convocata l’assemblea per avviare una causa contro i malghesi e i pecorari che venivano per la transumanza con il loro bestiame da Bergamo a Clusone ed erano soprannominati “bergamini”.
A Leno si coltivava il lino e si tessevano i fustagni.
Anche allora vi erano le fazioni e la lotta fra esse conduceva alla guerra; si abbattevano case e torri simbolo del potere.
Il comune di Leno apre un contenzioso con l’abate e riesce ad ottenere le fasce comuni più lontane (comunaglie: terreni, boschi, ecc) e ad aver assegnato il proprio territorio; ancora oggi il nome di alcune cascine presenti sul territorio ricorda ancora questo avvenimento.
Un esempio: “selvadonega”: selva domini (il bosco del signore).
Per concludere, è rilevante comprendere l’intera storia di Leno, territorio che grazie all’abbazia, ebbe grande potere nella storia del Nord Italia medievale per molti secoli: quello che il comune è oggi lo si deve in gran parte a ciò che è stato il passato.