Incontro: 25 gennaio 2012
Relatore: Susanna Zanolli, consulente Scientifico in argenteria
L’argento è uno dei metalli più versatili e più rari, con oro e rame, tra gli elementi noti ed utilizzati dall’uomo da alcuni millenni. Per moltissimi anni infatti è stato usato come ornamento e come materiale per utensili, come merce di scambio e come base per molti sistemi monetari. Si pensi che le parole “argento” e “denaro” sono pressoché identiche in almeno quattordici lingue.
Ogni oggetto d’argento antico racconta una storia. Giuseppe Sermonti, scrittore, saggista, già docente di genetica all’Università di Perugia, nel suo libro “Fiabe dei tre reami. Fiori dei cieli e polvere dorata” tratta dell’interpretazione alchemica delle favole e utilizza la fiaba di Biancaneve come metafora per raccontare l’estrazione e la purificazione dell’argento.
L’argento si trova in natura non puro, ma mescolato con altri minerali (piombo, ferro, zinco) oppure incluso in formazione rocciose entro cui mantiene spesso la sua condizione nativa.
Sermonti afferma che l’argento è la vergine tra i metalli. La ganga (ovvero l’involucro di materiali che racchiude l’argento) è composta soprattutto di galena (solfuro di piombo). I minatori estraggono pietre che verranno messe nelle coppelle, scodelle d’argilla, riscaldate in forni. Sarà il piombo fuso ad includere, scomporre, disciolgliere e disvelare l’argento. Questa operazione si chiama coppellazione ed è antica migliaia di anni e per migliaia di anni è stata ripetuta fino al principio del nostro secolo.
La coppellazione è preceduta da una fusione delle pietre contenenti l’argento nativo e i suoi metalli. Il piombo fuso ha la proprietà di decomporre l’argentite (solfuro d’argento) e di sciogliere l’argento. Il piombo contenente l’argento (piombo d’opera) si carica poi entro la coppella, collocata in un forno a riverbero.
La massa plumbea fonde formando un tetro minestrone, alla superficie del quale galleggiano oscure impurità, che sono asportate con ampie cucchiaie di ferro. Nel magma fuso viene insufflata aria con appositi mantici e mentre il composto tracima emerge l’argento.
Questo processo di purificazione risale infatti al 5000 anni a.C. e nell’età egizia si hanno i primi reperti d’argento.
Concentrazioni d’argento si hanno anche in Cile, in Messico, in Perù e in Canada.
In Italia il cosiddetto titolo, la percentuale minima di argento puro presente nella lega metallica che compone un oggetto, la percentuale di argento impiegato, è 800/1000 o 925/1000.
Già dal Medioevo per far rispettare la quantità del metallo prezioso nelle leghe, venne imposto il marchio a garanzia della lega. In seguito divenne “Marchio di fabbrica” e dal Settecento in poi “Marchio di qualità”. Fino al Rinascimento, Italia e Spagna ispirarono alle altre nazioni gli stili degli oggetti d’argento. Dal 1600 con Luigi XIV, Re Sole, divenne invece la Francia ad essere una fucina d’argento.
Questo metallo era simbolo e sinonimo di potenza e tanti oggetti erano realizzati in parte con l’argenteria che proveniva dall’Inghilterra. In questa nazione, infatti, l’argento fa parte ancora oggi della vita quotidiana. In Italia, per identificare una persona cresciuta nell’agiatezza, il modo di dire è “nato con la camicia”; in Inghilterra, invece, il modo di dire diventa “Nato con un cucchiaio d’argento in bocca”.
Nel 1700-1800 esibire argento e possederlo era segno di un ceto sociale medio alto, e sottolineava l’importanza della famiglia grazie alla possibilità di tramandarlo di generazione in generazione.
Come si valuta un oggetto d’argento?
Primo passo: Valutare la forma. Osservare l’oggetto nei dettagli fornisce indicazioni sul periodo in cui è stato realizzato;
Secondo passo: Analizzare le decorazioni. Tramite l’aspetto delle decorazioni si arriva ad altre deduzioni più precise sul valore dell’oggetto;
Terzo passo: Comprendere l’utilità e la rarità dell’oggetto: analizzare il suo utilizzo, la rarità dell’oggetto calato nell’epoca in cui si colloca permette di capire la qualità e dunque il valore dell’oggetto d’argento;
Quarto passo: Verificare la presenza di stemmi o araldi: questa analisi aiuta a collocare l’oggetto nel tempo in cui è stato realizzato.
Dopo la prima impressione però è necessario sapere se l’oggetto è stato fatto a mano o a macchina e con quale tecnica: martellatura, stampaggio, fusione, ecc… e come sono state create le sue decorazioni: a mano con il bulino (scalpello con punta in acciaio, utilizzato per particolari incisioni), o a macchina con incisione meccanica (oggi anche con il pantografo), oppure ancora con il cesello, a sbalzo, con traforo a mano o meccanico, con colorazione a smalto o doratura.
Il giudizio finale della valutazione infine tiene conto dell’aspetto artistico, dell’esecuzione tecnologica, della coerenza con il periodo nel quale è stato realizzato, dello stato di conservazione (ovvero quali danni ha subito) e della rarità dell’oggetto.