L’esposizione fotografica allestita a Leno dal 29 aprile al 30 giugno presenta una collezione di rarissime foto scattate fra il 1952 e il 1954 che ritraggono il giovane prete Karol Wojtyla con il suo gruppo di amici. Camminate in montagna, traversate in kayak o escursioni in bicicletta, immagini che ci permettono di diventare testimoni degli inizi di un’amicizia eccezionale che ha legato questo gruppo di persone a Giovanni Paolo II.
Non solo il racconto fotografico di gite turistiche, afferma padre Danek, presidente di Anima Media, ma anche la testimonianza di un sacerdozio praticato nei luoghi dove le chiese non ci sono.
Gli autori delle fotografie erano due ragazzi che partecipavano a queste gite: Jerzy Ciesielsky e Stanislaw Rybicki; quest’ultimo era presente il 29 aprile alla cerimonia di inaugurazione e ha coinvolto i presenti in un ricordo emozionante di quegli anni.
“Innanzitutto voglio ricordare Jerzy Ciesielsky, mio amico e compagno di tante gite. Jerzy è morto 30 anni fa in una catastrofe in Egitto insieme ai due figli ed è tuttora in corso la causa della sua beatificazione.
Ricordo la prima volta che ho incontrato Don Karol; era il 1951, io ero poco più che un ragazzo e con gli altri giovani universitari ci ritrovavamo nella chiesa di San Floriano per cantare nel coro, patrocinato da Karol Wojtyla. Padre Karol era già dotato di un grande fascino e di una infinita bontà; era fisicamente forte e di carattere aperto, un gran lavoratore; trattava i giovani in un modo speciale ed era sempre contento di poter trascorrere del tempo con loro.
Era il periodo in cui la Polonia era schiacciata dal comunismo; sotto questo regime ciò che contava era la massa, non la comunità e Karol Wojtyla ci convinceva invece che ognuno di noi era un figlio di Dio.
Dopo circa un anno trascorso ad incontrarci solamente in chiesa, si decise di fare un prima escursione in montagna, a circa 70 km da Cracovia. Non sapevamo molto di don Karol – a quel tempo era sempre meglio non sapere che sapere troppo – ma scoprimmo subito che era un buon camminatore, infaticabile.
I tempi e le usanze del tempo non permettevano che un parroco viaggiasse in abiti civili, soprattutto in compagnia di ragazze, così evitammo di nominarlo “padre” e una ragazza, che diventò poi mia moglie, propose di chiamarlo “Zio”. Da quel giorno Don Karol divenne lo Zio per tutti noi.
Dopo questa gita i nostri rapporti si intensificarono; oltre la messa settimanale, Karol partecipava anche alle nostre feste private, soprattutto i compleanni, diventando amico anche delle nostre famiglie. In poco tempo si creò una vera comunità, che ha continuato ad esistere anche dopo la sua partenza per Roma.
Ci sono state tante altre gite negli anni successivi, a piedi, sugli sci o in canoa, tutte caratterizzate dal grande affiatamento che si era creato nel gruppo, tanto che ci consideravamo un’unica famiglia.
Questi momenti sono rimasti nel cuore di Karol, perché con noi ha potuto trascorre quella gioventù che gli era stata strappata dalla guerra; e per noi è stato un periodo indimenticabile perché abbiamo avuto la nostra guida. Per questo gli siamo tutti riconoscenti!!”