Il più antico documento certo che testimonia la presenza della chiesa dei Santi Nazzaro e Celso si trova nel volume “Dell’antichissima Badia di Leno” di Francesco Zaccaria, edito a Venezia nel 1767. Il documento risale al 1194 e menziona il diacono, chierico della parrocchiale di San Pietro, che dice di aver visto l’abate di Leno celebrarvi la Messa. Tuttavia, alcuni studiosi che hanno preso in esame la storia e le caratteristiche di questa chiesetta, affermano che risalga al periodo pre-longobardo.
Si possono avere altre informazioni relative alla cappella grazie alle relazioni che periodicamente venivano compilate dai parroci dopo le visite apostoliche.
Sappiamo, ad esempio, che la chiesetta era funzionante nel 1580, visto che in seguito all’ispezione fatta dal Vescovo San Carlo vennero dati al parroco di Leno ordini che prevedevano modifiche di carattere esteriore: “Il piccolo altare sia portato alla sua forma, si portino fuori da questo oratorio le cose profane. Gli alberi vicino alla parete siano tagliati entro tre giorni. La cappella maggiore sia cinta di una cancellata e nel frattempo non si celebri in essa.”
L’oratorio continua la sua attività anche nei sec. XVII e XVIII grazie alla presenza di eremiti: i documentai pastorali evidenziano la rilevanza della struttura come luogo di culto, di ritrovo e di aiuto degli ammalati. Per capire la reale importanza della cappella è sufficiente pensare che, spesse volte, era beneficiaria di lasciti. Fra questi il più cospicuo fu fatto dal signor Alboino Albini che in atti del notaio Camillo Rosta del 10 maggio 1654 lasciò in eredità alla chiesetta del denaro che sarebbe servito “per celebrare della messa festiva a comodo degli abitanti della contrada”.
Sappiamo infatti che al cappellano spettavano “L. 2; inoltre 10 picc. per ogni messa dei giorni festivi, oltre le poche messe che si fanno celebrare nel rispettivo giorno di solennità di dette due chiese”.
Nel 1663 viene controllata nuovamente da Giovanni Zorzi, Vescovo in carica nel periodo, il quale prescrive ai parroci “di fare una nuova icona con l’immagine del Santo”. Importante per la comunità nei secoli trascorsi è stata anche la celebrazione dei Santi Nazzaro e Celso: menzione di tale festa si ha, ad esempio, nella relazione da parte di Monsignor Carlo Domenico Ferroni fatta il 25 settembre 1841, quando viene nuovamente controllata la chiesetta ed in seguito date disposizioni per il miglioramento della struttura. “Fu infatti suggerito di fornire l’altare di una nuova croce e di nuove secrete; si prescrisse inoltre di riparare i serramenti in cattivo stato.”
Nel 1800 la chiesetta campestre si presentava così: “lunghezza 15 m, larga 8,70 m, alta a monte e a mezzodì 5,60 m, alla colma 6,60m; col pavimento in cotto. L’apertura di ingresso a sera con sopra una finestra rotonda del diametro di 80 cm, la torre è alta 9,60 m, e larga 1,10 m appoggiata alla chiesa con una campanella di bronzo di pesi 7”.
Sempre appartenuta alla municipalità e messa a disposizione dei fedeli, nel 1880 durante il consiglio comunicale del 28 settembre viene deliberata la vendita della cappella in via assoluta con l’attigua casa del custode e l’orto.
Esaminata la relazione di stima redatta dall’ing. Pietro Dander, il comune viene autorizzato ad accettare l’offerta di 1390 lire fatta dai signori Crosti e Borsa, per l’acquisto della chiesa tramite asta pubblica. Il motivo principale che portò la vendita dell’oratorio campestre fu l’assoluta mancanza di fondi per la sua ristrutturazione; gli acquirenti, titolari di un’omonima impresa edile, si impegnarono a rinnovare gli ambienti, mettendoli poi a disposizione dei fedeli una sola volta l’anno per la funzione in onore dei Santi Nazzaro e Celso.
La consuetudine, durata per secoli, di celebrare ogni domenica la Messa testimoniata da diversi documenti giunti fino ai nostri giorni (relazioni dei parroci datate 1663 e 1627), viene dunque interrotta con grande disagio dei contadini abitanti i dintorni.
Vengono, in conseguenza all’accordo stipulato, effettuati i lavori di riparazione che sono comunque solo parziali; per questo, dopo la benedizione dello stesso parroco dei locali restaurati, Don Luigi Olivares presenta nuove pratiche per ottenere un nuovo e più massiccio intervento.
La richiesta risulterà comunque inutile, visto che i proprietari della cappella agli inizi del 1900 si trasferiranno abbandonandola. Venne successivamente conservata perfettamente dalla famiglia Gatti fino agli anni sessanta. Dopo di che fu dimenticata da tutti.
In pochi si sono da allora interessati ottenendo purtroppo scarsi risultati; si è cercato di salvare i quadri, gli affreschi, le suppellettili senza successo. Alcuni incoscienti hanno poi rubato, defraudato, distrutto condannando sempre più la povera chiesetta alla decadenza.