Karol Wojtyla. L’uomo e la sua terra

 

wojtyla manif. parzC’è qualcosa di fortemente emozionante nello scoprire, attraverso le immagini, che anche un grande Papa è stato giovane. Che indossava pantaloni corti, che passeggiava per le tue amate terre, che se ne andava in bicicletta per la bassa bresciana, a due passi dall’Oglio. E c’è qualcosa che fa vibrare le emozioni più profonde di ognuno di noi a vedere, in un solo colpo d’occhio, tanti momenti di vita di Karol Wojtyla.

E’ proprio un’emozione collettiva e condivisa la mostra “Karol Wojtyla. L’Uomo e la sua terra” che dal 29 aprile al 30 giugno 2007 è stata ospitata in anteprima in Villa Badia di Leno, nella bassa bresciana.

La mostra non ci racconta solo l’Uomo ma anche la sua terra. Quella Polonia che, dopo aver visto la “fumata bianca” a San Pietro, il 16 ottobre 1978, si è riversata nelle strade consapevole che sarebbe iniziato in quel momento il cammino verso la libertà e lo sviluppo economico, sociale e culturale.
Ciò che ci viene proposto a Leno dalla Fondazione Dominato Leonense, in collaborazione con Anima Media, Associazione della Diocesi di Cracovia, è un viaggio attraverso foto inedite non tanto sul Santo Padre quanto su Don Karol, quel parroco giovane che nel 1948 ritorna da Roma in Polonia, che fa il coadiutore nella parrocchia di San Floriano a Cracovia e fino al 1951 è cappellano degli universitari. Di questo periodo sono le fotografie esposte. Ci raccontano un Karol con pantaloni corti, in mezzo ai boschi, vicino ad un ruscello, sulle piste da sci, in bicicletta nella campagna e sempre in compagnia dei suoi amici, dei suoi studenti. Di quei giovani che ha sempre amato.

Uno di loro, Danuta Rybicka, ricorda: “La gita più importante per me fu manifesto_grandela partenza per Zacopane nella primavera del 1952. Il gruppo era semplice: le ragazze che abitavano nel Nazaretto (così chiamavamo il collegio tenuto dalle suore di Nazareth in Via Warszawska) e ragazzi – la maggior parte studenti del Politecnico di Cracovia, cioè quelli che l’anno prima il vicario di allora, padre Karol Wojtyla aveva invitato a cantare nei coretti presso la parrocchia di San Floriano.
Dovevamo andare proprio con lui per vedere i crochi di montagna. A sera inoltrata alla stazione ferroviaria di Cracovia si presentarono sei ragazze del Nazaretto e il padre. Inaspettatamente i ragazzi ci informarono che non sarebbero potuti partire perché dovevano sostenere degli esami importanti. Pertanto partimmo con un treno notturno in sette. I tempi e le usanze non permettevano che un padre viaggiasse in abito civile e per di più in compagnia delle ragazze. Per evitare di creare delle situazioni imbarazzanti ci rivolgevamo a lui evitando di nominarlo “padre”. Non era facile, quindi chiesi timidamente se potevamo chiamarlo “Zio”. Acconsentì. Ricordiamo quel viaggio con molto affetto come il primo fatto con lo Zio
”.

Emozioni e commozione accompagneranno ognuno di noi nel vedere il Papa giovane, pieno di entusiasmo, a contatto con la natura. Nel gennaio del 1995 parlando ai vescovi polacchi Wojtyla disse: “Dicono che il Papa sta diventando vecchio e che non può camminare senza bastone, ma in un modo o nell’altro, girerò ancora. I miei capelli sono ancora intatti, e le cose non vanno male nemmeno per la mia testa. Dovrete dire di me non solo che ero papa, ma che sciavo e andavo in canoa, e chissà che altro. E anche che mi rompevo le gambe, ogni tanto”.

 

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[cs_list_item]Il ricordo dei suoi giovani[/cs_list_item]
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[cs_list_item]Karol Wojtyla. Un uomo, la sua terra a Mantova[/cs_list_item]
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